Galleria "Brandale" (Savona)
Quando un artista è autentico – come lo è Gennaro Corbi – ricrea sempre i suoi sogni o le sue angosce oppure i suoi fantasmi. Senza un dramma intimo la creazione diventa soltanto una giustificazione: non una necessità biologica. Questo svisceramento che scava negli strati profondi dell'inconscio, in quelli dei sentimenti, appare legato – come il sangue alle arterie - alla ricerca espressiva del napoletano Corbi. Freud vedrebbe le immagini di Corbi come sublimazioni di ciò che ci corrode. Borges direbbe – con la sua metafora conjentural – che sono uno sdoppiamento della personalità. Io aggiungerei: le immagini di Corbi sono ferite dell'esistenza, sogni mutilati, speranze di quella tenerezza dell'infanzia che l'uomo si porta dentro come un coagulo.
Il conflitto dei sentimenti è fecondo per la creazione ma doloroso per un artista. L'illuminazione onirica e il laceramento esistenziale costituiscono il nodo inscindibile del temperamento del Corbi: posso dire che la sua pittura e il suo ritratto emotivo e il suo ritratto emotivo è la sua pittura. Ricordo ancora il nostro dialogo del mese scorso in Piazza del Duomo. La notte circondava le nostre parole. Parlavamo d'arte, di poesia, di musica, scrutavamo il mistero della vita:l'ineluttabile senso dell'universo che non potremo mai decifrare. L'umanità di Corbi attanagliava i suoi gesti. C'era in lui quella dimensione della solitudine, quel voler esprimere tutto all'improvviso per non soffocare, che avvolgono i suoi quadri. C'era quello spazio simbolico, emblematico dei sogni, che personalizza le sue opere.
Una figuralità, la sua, che si espande dunque fra i simboli dell'onirismo e la visceralità dell'esistenza . Un linguaggio trascendente, ancestrale e attuale come l'amore e la sofferenza. All'interno dell'odierna area di valori, che ho definito “figuralità simbolica”, Corbi ha indubbiamente il suo posto. La ricerca dialettica della sua espressione è stata continua, ossessiva,sofferta come la verità umana ed estetica che si è costruito. Dalla sua prima figurazione, dai ritratti, da una realtà descritta attraverso palpitanti, poetici cromatismi, è arrivato a questa essenzialità del reale. Ha compiuto una notevole sintesi nelle forme e nel colore. Le strutture delle immagini sono state infatti ridotte ad un alfabeto. La materia cromatica si è scarnificata nelle diverse stesure, si è enucleata nell'ascetismo del biaco e del grigio, di alcune gamme mortificate, calibrate nei pigmenti. Lo spazio ( e il vuoto) è diventato un protagonista del dipinto.
Invece di rappresentare una liberazione psicologica dell'essere umano nella società, i mass-media
hanno acutizzato l'isolamento comunicativo, l'alienazione, l'asfissia dell'io. Corbi, con i suoi significati allusivi, simbolici, verifica la solitudine di questa situazione. Cerca, infine, di far uscire l'uomo ( noi stessi) da tale, direi, “ soggettività con il capestro “. E' una ricerca dell'identità attraverso il calvario della propria identità. Guardando i suoi quadri, entrando nel suo mondo, non si può fare a meno di rimanere colpiti dalle immagini: squarci della sensibilità, sensi d'angoscia, fratture della memoria. Tutto si svolge nella sua iconografia come un rituale amaro in bilico fra l'utopia dei sogni e la ferocia della vita. E' uno scenario abitato dal silenzio, chiuso in uno spazio delimitato ( gli interni ) dove la realtà, l'uomo e gli oggetti manifestano la loro precarietà nella sequenza dei frammenti. Il titolo di alcune delle sue opere - “ Progetto per una camera di vetro “ - simboleggia, in modo epifanico, le vibrazioni comunicanti di questa poesia dei sentimenti che è, alla radice, la pittura di Corbi.